Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Roma, 14 aprile 2003 MARCO BOATO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, i Verdi, insieme a tutti i gruppi dell'Ulivo, hanno fino all'ultimo contrastato questo sciagurato disegno di legge costituzionale, sedicente in materia di devoluzione. Oggi viene purtroppo segnata una pagina vergognosa e io direi anche indecorosa nella storia del Parlamento (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale), non solo nel merito, ma anche nel metodo. In 55 anni di storia del Parlamento repubblicano, dal 1948 ad oggi, non ci sono precedenti di una presa in giro istituzionale e costituzionale quale quella odierna. Fra poco la maggioranza di centrodestra approverà in prima lettura una modifica costituzionale che lo stesso centrodestra ha già deciso di dirottare subito dopo su un binario morto. Contemporaneamente, per cercare di sanare i gravi contrasti politici al proprio interno, il Governo ha varato venerdì 11 aprile in Consiglio dei ministri un nuovo disegno di legge costituzionale per modificare l'intero impianto del nuovo titolo V della Costituzione, ma questo testo, di cui sono circolate varie versioni ufficiose - le abbiamo lette anche noi -, non è stato finora reso ufficialmente noto. Invece di presentarlo in Parlamento - alla Camera, o al Senato - il Governo ha preannunciato di volerlo far prima esaminare dalla Conferenza Stato-regioni; questo perché da parte della Conferenza dei presidenti delle regioni sono già state avanzate al riguardo durissime critiche per bocca del suo presidente Ghigo, che pure appartiene alla Casa delle libertà e presiede una regione - il Piemonte - governata dal centrodestra. Siamo di fronte ad una maggioranza in vero stato confusionale; essa impone oggi al Parlamento il voto sulla devoluzione, ma ha già dichiarato di voler cambiare indirizzo attraverso il nuovo disegno di legge costituzionale approvato venerdì scorso in Consiglio dei ministri. In più, il nuovo disegno di legge costituzionale del Governo prevede l'eliminazione della legislazione concorrente, oggetto dell'attuale articolo 117 della Costituzione. Inoltre, è stato presentato al Parlamento il disegno di legge ordinaria di iniziativa del ministro La Loggia che prevede una delega al Governo proprio in materia di principi fondamentali, per definire la competenza dello Stato riguardo alla legislazione concorrente. Dunque, non solo vi è uno stato confusionale che caratterizza la maggioranza ed il Governo, ma vi è addirittura una sorta di furbesco e, purtroppo, truffaldino - per i cittadini e per il Parlamento - gioco delle tre carte. La prima carta esibita - la devoluzione - è destinata a scomparire dalla Parlamento dopo il voto che verrà espresso questa sera. Quest'ultima serve solo ad essere agitata, come bandiera ideologica, dalla Lega in campagna elettorale, come se gli elettori - anche quelli della Lega - fossero imbecilli, come se il popolo - anche quello della Lega - fosse davvero bue, disposto cioè a farsi ingannare dai comizi di Bossi o Maroni e dai giochetti istituzionali della Casa delle libertà. La seconda carta esibita è rappresentata dal disegno di legge La Loggia che deve attuare il titolo V vigente, destinato però a scomparire quando sarà nuovamente riformato, o meglio controriformato. La terza carta di questo squallido gioco delle tre carte sarà invece rappresentata dal disegno di legge costituzionale del Governo, con cui la maggioranza cercherà di cambiare radicalmente un testo costituzionale - il titolo V - il quale costituisce l'unica parte della Costituzione che dal 1948 ad oggi sia mai stata sottoposta ad un referendum popolare. Mi riferisco al referendum del 7 ottobre 2001 che ha largamente confermato la riforma introdotta dalla maggioranza dell'Ulivo nella XIII legislatura. Quella riforma era stata approvata quasi all'unanimità dal centrodestra e dal centrosinistra nella Commissione bicamerale, per due volte, nel 1997. Fu poi approvata a larga maggioranza in quest'aula dal centrodestra e dal centrosinistra nella primavera del 1998. Dopo il rovesciamento della Commissione bicamerale - il 2 giugno del 1998 - ad opera di Berlusconi e del Polo delle libertà, l'Ulivo aveva avuto il merito di riprendere il discorso riformatore come, del resto, si era fatto per la riforma costituzionale sul giusto processo che ha caratterizzato il nuovo articolo 111 della Costituzione. Solo a quel punto - ripeto solo a quel punto - il centrodestra ha cominciato ad opporsi alla riforma federalista, mentre tutto il sistema delle autonomie - Ghigo in testa - ne sollecitava l'approvazione (Conferenza delle regioni, unione delle province e ANCI). Ora tutto viene rimesso in discussione, come se la Costituzione fosse una sorta di enciclopedia a dispense da cambiare ad ogni legislatura con il variare episodico delle maggioranze parlamentari. I Verdi, l'Ulivo, il collega La Malfa ed altri colleghi non sono disposti a prestarsi a questo gioco al massacro costituzionale, a questo surreale gioco delle tre carte che appare come una truffa istituzionale nei confronti dei cittadini. Non siamo disposti a prestarci alla ridicola messa in scena di un voto che serve solo alla Lega per la sua campagna elettorale, per sventolare una patetica e ridicola bandiera ideologica. Il nostro voto contrario, o la non partecipazione ad esso, sia di monito a chi, purtroppo, ha accettato di soggiacere a questo ricatto e anche a chi, in dispregio alla riforma della scorsa legislatura - sancita dal voto referendario -, si accinge a stravolgere l'attuale impianto costituzionale, anziché attuarlo e valorizzarlo nelle sue straordinarie potenzialità di rinnovamento istituzionale. (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).
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MARCO BOATO |
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